Giuseppe Lassandro, Anna Amoruso, Carmela Pastore, Paola Giordano
Clinica Pediatrica “B. Trambusti”, Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Il CONI (www.coni.it), emanazione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), è autorità di disciplina regolazione e gestione delle attività sportive nazionali. Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Ente pubblico cui è demandata l’organizzazione e il potenziamento dello sport nazionale, promuove la massima diffusione della pratica sportiva.
Ad oggi il CONI riconosce 45 Federazioni Sportive Nazionali (https://www.coni.it/it/federazioni-sportive-nazionali.html) , 19 Discipline Sportive Associate (https://www.coni.it/it/discipline-associate.html), 15 Enti di Promozione Sportiva Nazionali (https://www.coni.it/it/enti-di-promozione-sportiva.html) e 19 Associazioni Benemerite (https://www.coni.it/it/associazioni-benemerite.html), 21 Comitati Regionali e 107 Delegati Provinciali. Sono da annoverare anche i Gruppi Sportivi Militari e i Corpi dello Stato (https://www.coni.it/it/corpi-militari-e-civili.html), quali Enti gravitanti intorno al Sistema CONI.
Alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate e agli Enti di Promozione Sportiva sono affiliate le Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche che sono il cuore del sistema sportivo, costituendo una rete capillare sul territorio e assicurando il collegamento tra domanda e offerta di sport, attraverso: • l’erogazione di servizi correlati: addestramento, allenamento, pratica, competizioni, ecc.; • la trasmissione dei “valori” cardine dello sport: tolleranza, correttezza e rispetto delle regole, rispetto degli avversari, uguaglianza (di razza, sesso, ecc.), spirito di squadra e convivialità.
La Società Italiana di Pediatria, ritenendo che l’attività motoria costante e quotidiana sia un mezzo indiscusso di promozione della salute e prevenzione delle patologie croniche da sedentarietà, già da tempo attua programmi di promozione della cultura del movimento. Tra i vari programmi ricordiamo la piramide del movimento.
Anche il bambino con emofilia può, anzi deve, vivere una vita attiva e non sedentaria. L’attività sportiva in età evolutiva migliora l’elasticità muscolo-tendinea, permette il raggiungimento di un buon picco di massa ossea, lavora sulla funzionalità articolare e (non ultimo) garantisce quel benessere psico-fisico utile a creare relazioni sociali con i pari nonostante la patologia. Purtroppo le Malattie Emorragiche Congenite con i loro recenti avanzamenti terapeutici (profilassi primaria, terapia sostitutiva tradizionale o ad emivita “estesa”) e diagnostici (ruolo dell’ecografia nelle emorragie acute o nella stadiazione delle artropatia) sono ancora poco conosciute dalla classe medica non del settore. Pertanto, i pediatri di libera scelta e gli specialisti in medicina dello sport (medici certificatori in Italia dell’idoneità alla pratica sportiva) non hanno gli strumenti adeguati ed aggiornati per avviare all’attività motoria un bambino con emofilia.
Praticare sport in Italia per un emofilico può diventare una “corsa ad ostacoli”. Ecco perché “Sport and Hemophilia in Italy: an obstacle course” è il titolo di un editoriale pubblicato lo scorso Agosto su Current Sport Medicine Reports (organo ufficiale dell’American College of Sport Medicine) dal nostro gruppo di lavoro.
Nell’editoriale vengono, innanzitutto, enunciate le norme italiane che regolamento l’idoneità all’attività motoria:
DM 18/02/1982 “Norme per la tutela sanitaria dell’attività sportive agonistica“. Come “agonista” deve, pertanto, intendersi “quella forma di attività sportiva praticata sistematicamente e/o continuativamente e soprattutto in forme organizzate dalle Federazioni Sportive Nazionali, dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. e dal Ministero dell’Università e della Ricerca per quanto riguarda le fasi nazionali dei Giochi Sportivi Studenteschi, per il conseguimento di prestazioni sportive di un certo livello” (Ministero della Sanità, Circolare esplicativa n.7 del 31 Gennaio 1983”.
DM 24/04/2013 “Disciplina della certificazione dell’attività sportiva non agonistica e amatoriale e linee guida sulla dotazione e l’utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salva vita “. Si definiscono, invece, attività “non agonistiche” quelle praticate dai seguenti soggetti: – gli alunni che svolgono attività fisico-sportive organizzate dagli organi scolastici nell’ambito delle attività parascolastiche – coloro che svolgono attività organizzate dal C.O.N.I., da società affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Associate, agli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. che non siano ritenuti agonisti ai sensi del Decreto Ministerale 18 Febbraio 1982 – coloro che partecipano ai Giochi Sportivi Studenteschi nelle fasi precedenti a quella nazionale.
Legge n° 98 del 9 Agosto 2013 Soppressione della certificazione per l’attività ludico motoria. E dal 28 Febbraio 2018 abolizione dell’obbligo di certificazione ai soggetti in età prescolare per promuovere la cultura dell’attività motoria in età infantile.
In sintesi le differenze tra le tre tipologie di certificazione vengono elencate come segue:
Resta evidente che la differenza tra pratica sportiva “agonistica” o “non agonistica” è puramente normativo. Tale distinzione non permette di discriminare quali attività sportive possa svolgere un bambino emofilico in sicurezza. La Federazione Medico Sportiva Italiana ha standardizzato ogni attività a seconda del “rischio sportivo”. Nello standardizzare ha tenuto presente di 10 parametri utili a caratterizzare il “rischio sportivo” per ciascuna disciplina:
- ETA’ DELL’ATLETA
- SPORT SECONDO IMPEGNO CARDIOVASCOLARE
- SPORT DI CONTATTO
- AMBIENTE SPORTIVO
- N° ATLETI PARTECIPANTI IN CONCOMITANZA O IN RAPIDA SUCCESSIONE
- FREQUENZA INFORTUNI SPORT
- FREQUENZA INFORTUNI CON ESITI PERMANENTI
- MEZZI MECCANICI/ATTREZZI UTLIZZATI
- RISCHIO DI TRAUMA NEUROLOGICO
- RISCHIO GRAVE TRAUMA APPARATO LOCOMOTORE
Attraverso tale standardizzazione oggi, in Italia, le discipline sportive vengono classificate secondo le seguenti categorie di rischio:
Conoscendo le normative ed il rischio sportivo nell’editoriale “Sport and Hemophilia in Italy: an obstacle course” si è voluto anche ipotizzare un percorso che aiutasse a superare le barriere attualmente presenti nel rilascio della certificazione. E che, inoltre, tenesse conto della storia clinica e delle ambizioni sportive di ciascun soggetto con emofilia.
Il modello virtuoso dovrebbe prevedere una suddivisione delle responsabilità all’atto della certificazione. Il medico certificatore (pediatra di libera scelta o specialista in medicina dello sport) dovrebbe ricevere dal medico competente in materia (medico del centro emofilia) le informazioni utili ad attestare a quale classe di rischio sportivo tale soggetto possa aderire: stato articolare, programma terapeutico, capacità di autoinfusione…
L’Associazione Italiana Centri Emofilia in collaborazione con FEDEMO sta già lavorando in tal senso ed a breve ci saranno aggiornamenti.
Concludo con la massima: “la potenza è nulla senza il controllo” ove si vuole sottolineare che senza allenamento e senza preparazione ogni attività sportiva è pericolosa. Ecco perché il ruolo dei terapisti della riabilitazione sarà cruciale nella condivisione delle responsabilità all’atto della certificazione.
Per approfondire leggi:
Sport e Bambini: istruzioni per l’uso https://www.sip.it/2017/09/25/sport-e-bambini-istruzioni-per-luso/
La Piramide dell’Attività Motoria https://www.sip.it/2017/09/25/la-sip-presenta-la-piramide-dellattivita-motoria/
Lassandro G. Sport and Hemophilia in Italy: An Obstacle Course. Curr Sports Med Rep. 2018
Il Rischio Sportivo ed il Pronto Soccorso Sportivo. http://www.pssd.it/